La Cassazione interviene sulle conseguenze del mancato rilascio del Certificato di Agibilità

26 gennaio 2015

Il contributo esamina la sentenza della Cassazione civile, sez. II, 14 Gennaio 2014 n. 629 con la quale la S.C. si è soffermata sul valore giuridico del certificato di abitabilità e sulle conseguenze del suo mancato rilascio.
1) La vicenda processuale.
La decisione della Suprema Corte affronta il tema del legittimo recesso del promissario acquirente dal contratto preliminare di compravendita, per mancato rilascio del certificato di abitabilità.[1]
Nel caso de quo, i promissari venditori avevano proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva rilevato il grave inadempimento da parte dei promissari venditori e contestualmente dichiarato legittimo il recesso esercitato dal promissario acquirente di un’unità immobiliare priva del certificato di abitabilità, oggetto di un contratto preliminare di compravendita.
La vicenda processuale trae origine da una fattispecie per la quale, il giudice di prime cure, aveva dichiarato legittimo il recesso dei promissari venditori dal contratto preliminare per la compravendita di una unità immobiliare, a causa del grave inadempimento del promissario acquirente e riconoscendo agli stessi, a titolo di risarcimento del danno, la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria.
Decisione completamente ribaltata in sede di appello e che ha portato alla proposizione, da parte dei promissari venditori, del ricorso in Cassazione e della suesposta sentenza.
I ricorrenti nei motivi del ricorso, deducono di aver correttamente adempiuto alle obbligazioni nascenti dal preliminare e l’erronea valutazione della documentazione allegata nei due gradi di giudizio.
Due i motivi principali di ricorso sostenuti dai ricorrenti a difesa delle proprie ragioni: la circostanza di una precedente vendita e quindi della confermata commerciabilità del bene e la presenza di una convenzione tra il costruttore dell’immobile e il Comune, dalla quale si evince la facoltà di alienazione del bene, pur in assenza del certificato di agibilità.[2]
2) Il dictum della sentenza.
La Suprema Corte, ritiene infondati tutti i motivi di ricorso e conferma la sentenza di appello. La Cassazione dichiara legittimo il recesso del promissario acquirente dal contratto preliminare di compravendita di un immobile sprovvisto del certificato di abitabilità.
Secondo il percorso argomentativo svolto dagli ermellini,[3] nella vendita di un bene destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene oggetto della compravendita, poiché vale ad incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale e di
conseguenza sulla sua commerciabilità.[4] La decisione riprende quanto già affermato dalla giurisprudenza[5], in quanto in capo all’acquirente sussiste il diritto al risarcimento del danno emergente, perché costringe l’acquirente a ritenere l’immobile tal quale e cioè con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe.
Conseguenza del mancato rilascio della licenza di abitabilità è l’inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile dal compratore, in via di eccezione ai sensi dell’art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, salvo che, nell’ambito dell’autonomia contrattuale prevista e tutelata dall’art. 1322 c.c., il compratore abbia rinunciato al requisito dell’abitabilità o abbia dispensato il venditore dal relativo obbligo di ottenere la relativa licenza.[6]
3) L’iter argomentativo svolto dalla Cassazione.
La Suprema Corte, sulla scorta di quanto già osservato dalla Corte d’Appello, sottolinea come la conoscenza da parte del promissario acquirente della mancanza del certificato di abitabilità, non può tradursi in una “irreversibile rinuncia” alla consegna di tale certificazione nonché l’importanza di tale certificato, quale elemento necessario ed indefettibile, che non può essere superato neppure dalla
circostanza che oggetto della compravendita fossero un complesso di beni, posto che l’assenza del certificato riguardava la parte del complesso più significativa sul piano economico.[7]
Ulteriore questione affrontata dalla sentenza in commento è la circostanza della precedente vendita e dell’affermata commerciabilità del bene. Secondo i giudici del “Palazzaccio”, ai fini della sostenuta commerciabilità del bene, non rileva la precedente vendita dell’immobile, poiché tale circostanza non impedisce di valutare la situazione esistente al momento della stipula del secondo atto. Di nessuna rilevanza secondo i giudici di legittimità, la presenza della convenzione siglata tra il costruttore del bene oggetto della vendita e il Comune, non potendo la stessa derogare alla disciplina generale che impone il rilascio della licenza di abitabilità. Tra l’altro, nel caso in esame, nemmeno intervenuta in corso di giudizio.[8]
4) Obbligo di correttezza e buona fede
Nella sentenza in commento un accenno merita la riflessione posta dalla Suprema Corte circa i comportamenti tenuti dalle parti contrattuali, dalla firma del preliminare di vendita alla data della mancata stipula del definitivo.
I giudici di legittimità si soffermano sull’obbligo di correttezza e buona fede che incombe sulle parti contrattuali, come emerge dagli artt. 1175 e 1375 cod. civ. in combinato disposto tra loro.
La normativa prevede che le parti si comportino secondo buona fede non solo in fase di stipula, ma anche in fase di trattative e di esecuzione del contratto.[9]
Osservano i giudici di Piazza Cavour come, nella fattispecie concreta, le parti avessero l’obbligo di comunicare qualsiasi circostanza impeditiva della conclusione dell’affare. Censurabile quindi il comportamento della stessa parte acquirente che non ha mai richiesto altra documentazione o fatto trapelare l’intenzione di non voler giungere alla stipula del contratto definitivo. Nell’ottica della Cassazione
quindi, è necessario valutare complessivamente il comportamento delle parti, sia del venditore che dell’acquirente, in un’ottica di valorizzazione e comparazione dei reciproci inadempimenti.
5) Normativa vigente in tema di rilascio del certificato di agibilità.
La disciplina normativa del certificato di abitabilità è contenuta nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 24-26, la quale stabilisce che “il certificato di abitabilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi istallati”(art. 24, 1 comma D.P.R. 380/2001).[10]
Detta certificazione viene rilasciata dal Comune su domanda del soggetto titolare del permesso di costruire o del soggetto che ha presentato la denuncia di inizio attività o dei loro successori o aventi causa. La mancata presentazione di tale richiesta comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa. Il certificato
in parola viene ricondotto nel novero dei documenti o certificati relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta che la legge (l’art. 1477, co. 3 cod. civ.) impone al venditore di consegnare all’acquirente, salva diversa disposizione delle parti[11]. Mira a tutelare l’interesse particolare del compratore, attestando la
capacità del bene ad assolvere alla funzione economico-sociale cui è destinato, assicurandone il legittimo godimento e la sua commerciabilità.[12] Da ciò si evince che lo stesso non riveste una funzione urbanistica, non garantendone la regolarità urbanistica.
6) Conseguenze relative alla mancanza del certificato di abitabilità.
Secondo la prevalente tesi dottrinale, seguito da una giurisprudenza più recente[13] diversamente da quanto ritenuto in passato,[14] l’assenza del certificato di abitabilità non comporta un vizio genetico del contratto, pertanto è necessario soffermarsi sulle conseguenze provocate dalla mancanza di tale documento sul rapporto contrattuale. E’ possibile distinguere due ipotesi. La prima riguarda l’omessa consegna del certificato, pur in presenza dei requisiti previsti dalla legge. Questo il caso di consegna di alud pro alio, con conseguente diritto del compratore alla risoluzione del contratto. Nell’ipotesi di mancanza di abitabilità per assenza dei requisiti rispetto all’immobile oggetto della compravendita, si è invece in presenza di un mero inadempimento contrattuale da parte dell’alienante, che fa sorgere nel compratore, il diritto ad ottenere il risarcimento del danno, legato dalla minore commerciabilità del bene. Si tratta invero di responsabilità
contrattuale ex art. 1218 c.c., fondata sul contratto preliminare della compravendita immobiliare.[15]
In conclusione, in sede di condanna per inadempimento del contratto preliminare o di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, sarà compito del giudice adito valutare l’interesse concreto, delle parti, che avevano sottoscritto il preliminare, alla consegna del certificato di abitabilità in sede di stipula del definitivo, in un ottica meramente equitativa che miri al bilanciamento concreto di interessi differenti e spesso configgenti delle parti contrattuali.[16]

 

[1] S. Miranda, Il certificato di agibilità nella prassi contrattuale, in Notariato 2010, 2.
[2] Luca Christian Natali, “la Cassazione interviene sulle conseguenze del mancato rilascio del certificato di abitabilità” in Immobili&Proprietà, 11/2014.; G. Bonnì, “Osservatorio del diritto civile e commerciale”, 16 aprile 2014.
[3] Cass. civ., sez. II, 14 gennaio 2014 n. 629.
[4] Cfr. E. Priveato, Vendita di bene immobile privo del certificato di abitabilità, in Resp. Civ., 2010, 12, 849.
[5] Cass. sez II, 11 ottobre 2013, n. 23157.
[6] Luca Christian Natoli, cit.
[7] Cfr. Cass. 18 marzo 2010, n. 6548; nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha ritenuto di mitigare il suddetto orientamento, escludendo l’ipotesi dell’alid pro alio, solo nel caso in cui sia intervenuto il successivo rilascio del certificato.
[8] Cfr. Luca Christian Natali, cit.
[9] Cfr. Luca Christian Natali, cit.
[10] Cfr. P.Carbone, il certificato di agibilità nella contrattazione immobiliare, in www.altalex.com, 3 settembre 2012; A. Massone, “Agibilità (certificato di) in Dig. Disc…pubbl., Torino, 2008 p. 7 e ss.; G.Gasu, Il certificato di agibilità, in Riv. , notariato, 2001, II, p. 243 e ss..
[11] Secondo la giurisprudenza di legittimità, non implica l’esonero dell’obbligo di consegna del certificato la mera conoscenza da parte del compratore della mancanza di tale documentazione all’atto della stipula, occorrendo, invece, una dichiarazione espressa in tal senso: cfr. Cass. 25 febbraio 2002 n. 2729, cit.; Cass. 28 marzo 2001, n. 4513 cit.; Cass. 3 luglio 2000, n. 8880; Cass. 4 novembre 1995, n. 11521, come cit. da P. Carbone, op. cit. ibid.
[12] Ex multis: Cass. 20 aprile 2006, n. 9253; Cass. 25 febbraio 2002, n. 2729; Cass. 28 marzo 2001, n. 4513; Cass. 19 dicembre 2000, n. 15969;
[13] Cass. 20 aprile 2006 n. 9253; Cass. 5 ottobre 2000 n. 13270; Cass. 29 marzo 1995 n. 3687; Cass. 11 agosto 1990 n. 8199.
[14] cfr. Trib. Venezia, 9 febbraio 1978.
[15] Luca Christian Natali, cit.
[16] A. Angiuli, nota a Cass. , sez. II, 16 giugno 2008, n. 1621, in Contratti, 2009, 1, 26.

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